Luigi da Porto
La prima versione scritta di Giulietta e Romeo come la conosciamo è la Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti di Luigi da Porto, scrittore vicentino, pubblicata nel 1530, quasi 60 anni prima del Romeo and Juliet di William Shakespeare che certamente copiò la trama.
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L'opera e la vita di Luigi da Porto sono così intrecciate a fatti, eventi storici e poesia, che l'origine di Giulietta e Romeo è un vero e proprio mistero da indagare e scoprire. Di seguito proveremo a fornire alcune ipotesi.
La Historia novellamente ritrovata
Luigi da Porto nacque nel 1485 da una delle più nobili famiglie vicentine. Ebbe la tipica vita di un uomo di corte rinascimentale: avventurosa, fatta di duelli, amori e ozi letterari, segnata da un tragico epilogo. Ci ha lasciato numerose rime, lettere, novelle. Di queste, una in particolare ci interessa:
Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti con la pietosa loro morte intervenuta già nella città di Verona nel tempo del signor Bartolomeo della Scala
Il racconto è preceduto da una dedica alla "bellissima e leggiadra madonna Lucina Savorgnana". Teniamo a mente la bella Lucina, a breve vedremo chi fosse e perché sia una figura chiave per decifrare il rebus.
La Lega di Cambrai
Il da Porto continua nella sua prefazione spiegando come in realtà lui
abbia sentito la storia di Giulietta e Romeo in più di un'occasione, e gli
sia quindi venuto il desiderio di trascriverla. Racconta poi come in
gioventù, essendosi dedicato al "mestier dell'armi", era di volta
in volta mandato là dove ve ne fosse bisogno.
Siamo agli inizi del 1500. Da oltre un secolo Vicenza,
Verona e tutto il nord est erano ormai parte dello stato della
Serenissima. L'espansione della potente Repubblica di
Venezia sembrava non dover aver fine. In molti iniziarono a
preoccuparsi per i propri possedimenti. Tra questi papa Giulio II,
che alleatosi con Francia, Spagna e Sacro Romano Impero,
mosse guerra a Venezia.
Luigi da Porto si trovava dunque arruolato come cavaliere nell'esercito veneziano, di stanza in Friuli, da dove, varcato il confine nord-orientale sarebbero potute giungere le truppe dell'Impero Asburgico.
Se vuoi approfondire
Verona e Lega di Cambrai
VAIL'arciere Peregrino
Al suo fianco vi è un arciere di nome Peregrino. È sulla cinquantina, Veronese. Luigi da Porto lo ha sempre al suo fianco nelle lunghe e noiose marce poiché, come tutti quelli di Verona, ama parlare molto ed è di grande intrattenimento. Nonostante l'età, è sempre innamorato di qualcuna, e ha divertenti storie di avventure galanti da raccontare.
Mentre marciano per la campagna devastata e arsa dalla guerra, Peregrino coglie la tristezza sul volto del suo signore. È uomo di esperienza e capisce subito l'origine di quel sentimento. Rivolgendosi al da Porto gli domanda:
"Volete voi sempre in trista vita vivere, perché bella crudele, altrimenti mostrando, poco vi ami?"
Continua dicendo che, anche se sa che i consigli è più facile darli che seguirli, il suo signore non dovrebbe tormentarsi troppo a lungo, poiché è pericoloso seguire l'Amore, e quasi sempre conduce a una triste fine. E per testimoniare quello che dice gli racconta un avvenimento della sua Verona. È la storia di due nobili amanti che seguendo la propria passione sono morti miseramente.
La storia è ovviamente quella di Giulietta e Romeo. E a breve vedremo quanto sia simile a quella di Shakespeare e forse addirittura più drammatica.
La battaglia e il ferimento
Il 20 giugno 1511, sul fiume Natisone, nei pressi di Manzano, l'esercito veneziano si scontra con quello imperiale. La battaglia è violenta, Luigi da Porto viene ferito al collo e resta paralizzato. Non sappiamo cosa succeda a Peregrino.
Il da Porto viene trasferito a Venezia e quindi a Montorso Vicentino, nella tenuta di famiglia dove trascorrerà il resto della sua vita, dedicandosi allo studio e alla scrittura.
Dov'era la dimora nobiliare dei da Porto venne in seguito costruito un elegante edificio in stile palladiano, villa da Porto-Barbaran, che si può tuttora ammirare.
I castelli di Romeo e Giulietta
Da lì si vedono distintamente le due rocche scaligere di Montecchio Maggiore che si fronteggiano sulla cima di colli opposti. La tradizione dice che Luigi da Porto trovò ispirazione per scrivere il suo racconto guardando le due torri che si affrontano come fossero di famiglie rivali. Sono quindi stati ribattezzati i castelli di Romeo e Giulietta.
Lucina Savorgnan
Ma torniamo ora alla misteriosa dama della dedica iniziale. Chi è Lucina Savorgnan?
I Savorgnan erano una nobile famiglia friulana, imparentati con Luigi da Porto per parte materna. Il salotto dei Savorgnan è frequentato da artisti e umanisti dell'epoca, tra cui Pietro Bembo, amante della madre Maria. Lo scrittore Gregorio Amaseo dà una breve ma significativa descrizione della ragazza nel corso di una festa che si tiene a casa Savorgnan il 27 febbraio 1511, periodo di carnevale. La bella ed elegante Lucina non passa inosservata:
...la sera medema, siando redutti a casa de madonna Maria Savorgnana, dove se danzava, sonando dil continuo d'un clavizimbano, et in consonantia cantando degnamente madonna Lucina sua figliola, donzella pellegrina, et visto lì alquanti balli fin al tardi...
Pare che alla stessa festa partecipasse anche Luigi da Porto, che si trovava in Friuli proprio in quel periodo. Il giovane cavaliere si innamora follemente della bella Lucina, probabilmente ricambiato.
Dall'introduzione alla Historia novellamente ritrovata il da Porto afferma che insieme a Peregrino stava avanzando verso Udine, dove la ragazza risiede, "forse d'Amor sospinto".
La chiede in sposa allo zio della ragazza che ne è tutore dopo la morte del padre. Ma vi sono screzi tra i due rami della famiglia e lo zio rifiuta.
Quattro mesi dopo Luigi da Porto viene ferito sul Natisone. Lucina va in sposa a Francesco del Torre.
Tutte le tessere della Historia novellamente ritrovata sembrano andare al loro posto.
L'Invettiva
Il finale, in particolare ha un gusto amaro e rivelatore. L'arciere Peregrino conclude il racconto lamentandosi delle donne del suo tempo (il 1500!!) rispetto a quelle del medioevo. Si domanda quante oggi, come Giulietta, sarebbero così fedeli al proprio innamorato da seguirlo nella morte. Secondo lui ben poche, anzi, probabilmente, prima ancora che questi abbia esalato l'ultimo respiro, già starebbero pensando di trovarsi un altro uomo.
O fedel pietà, che nelle donne anticamente regnavi, ove ora se' ita? In qual petto oggi t'alberghi?
Qual donna sarebbe al presente, come la fedel Giulietta fece, sopra il suo amante morta?
Quante ne sariano ora, che non prima l'amante morto veduto arebbono, che trovarne un altro si ariano pensato, non che elle gli fossero morte allato?
Peggio ancora, alle donne di oggi non serve nemmeno che gli innamorati
muoiano. Basta che siano colpiti da una sventura perché li abbandonino e
dimentichino velocemente.
Poveri uomini di questa età, che non possono sperare nella lunga fedeltà
delle loro donne.
...alcune donne quegli amanti che già più cari ebbono, non morti, ma alquanto dalla fortuna percossi, abbandonare, che si dee credere ch'esse facessero dopo la loro morte? Miseri gli amanti di questa età, gli quali non possono sperare né per lunga prova di fedel servire, né la morte per le loro donne acquistano, ch'elle con esso loro mujono giammai...
Alla luce delle vite di Luigi da Porto e Lucina Savorgnan, le
parole pronunciate da Peregrino suonano come una vera e propria
sconsolata invettiva. Se pensiamo che la figura di Peregrino sia solo
invenzione letteraria e a parlare sia invece Luigi da Porto, la dedica a
Lucina Savorgnan e la conclusione appaiono dunque come un monito o un
rimpianto per quello che la loro storia d'amore avrebbe potuto essere.
Tra realtà, fantasia, letteratura
Luigi da Porto era colto, aveva studiato Dante, conosceva la storia delle
città del Veneto. La sua Historia novellamente ritrovata
potrebbe dunque essere un modo per nascondere in un racconto letterario le
sue vicende personali, e un rimpianto verso Lucina Savorgnan che non gli
fu fedele nonostante l'opposizione della famiglia e il ferimento in
battaglia che lo rese infermo.
Lo scrittore pone l'ambientazione in un contesto storico che la rende
verosimile, e con un finale idealizzato. Ma la festa in cui i due
ragazzi si incontrano e si innamorano, la famiglia che si oppone al
matrimonio, gli eventi sfortunati che causano la morte del giovane
(anche se quella di da Porto fu una grave invalidità), sono tutti reali.
Luigi da Porto scelse l'ambientazione medievale delle lotte tra
Guelfi e Ghibellini con le famiglie Montecchi e
Cappelletti di cui parla Dante nel VI canto della Divina Commedia.
La ambienta a Verona dove le famiglie vissero, al tempo della
signoria di Bartolomeo della Scala che per primo diede ospitalità
proprio a Dante.
Se vuoi approfondire
La storia di Giulietta e Romeo è dunque solo frutto dell'abilità di Luigi da Porto nel mescolare sapientemente fatti storici con le sue tristi vicende personali?
Forse no.
Masuccio Salernitano
La trama che tutti conoscono è infatti più antica. Compare per la prima volta nel Novellino, una raccolta di racconti scritti da Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano, pubblicato nel 1476, quasi sessant'anni prima del Novelliere di Luigi da Porto.
La storia è ambientata a Siena. I due protagonisti sono Mariotto e Ganozza. Lo spirito è decisamente meno romantico e più boccaccesco. I due sono amanti clandestini, ma Mariotto deve fuggire da Siena perché uccide un uomo in una banale rissa da strada. Ganozza beve la pozione per poter lasciare indisturbata la città e incontrare l'amante. Ma Mariotto nel frattempo torna a Siena di nascosto per incontrarla. Viene scoperto dalle autorità e condannato a morte per l'omicidio che ha commesso. Quando Ganozza viene a sapere che Mariotto è morto, si chiude in convento e muore di crepacuore.
Nella prefazione della Historia novellamente ritrovata, Luigi da Porto afferma che la storia di Giulietta e Romeo in realtà l'aveva udita più volte. È dunque possibile che in realtà la trama circolasse, in forma orale e in numerose varianti, già da un po' e che chissà, all'origine vi fossero fatti realmente accaduti e poi romanzati. D'altronde siamo in un'epoca in cui, soprattutto nelle famiglie nobili, i matrimoni erano combinati dai genitori, spesso contro la volontà dei diretti interessati, giovanissimi, in un'età in cui spesso si è inclini a fare gesti estremi.
Il dubbio quindi resta. Quanto nel racconto di Giulietta e Romeo sia frutto di fantasia e quanto ci sia di vero è comunque un mistero che nulla toglie, ma anzi aggiunge fascino a una storia struggente e bellissima, che non a caso ha incantato così tanti artisti.
Dall'Italia all'Inghilterra
La novella del da Porto fu ripresa da Matteo Bandello una ventina d'anni
dopo la pubblicazione. Venne quindi tradotta in francese e in inglese, in
forma di poema, da Arthur Brooke: The Tragicall Historye of Romeus
and Juliet (1562).
William Shakespeare di fatto, si limitò a farne un adattamento per il
teatro.
Se vuoi approfondire
La Trama del da Porto
Ma vediamo dunque la trama all'origine di Giulietta e Romeo come la conosciamo.
Peregrino dice che la storia si svolge al tempo in cui Verona è retta da Bartolomeo della Scala, "signore cortese e umanissimo". L'arco temporale è ristretto e preciso poiché Bartolomeo fu al potere a Verona tra il 1301 e il 1304. Nello stesso periodo Dante venne a Verona dall'esilio fiorentino. Nel VI canto del Purgatorio Dante cita Montecchi e Cappelletti tra le famiglie che si affrontarono negli scontri tra Guelfi e Ghibellini.
Il narratore afferma che in quel tempo a Verona vi erano due nobilissime
famiglie, Cappelletti e Montecchi, uguali in ricchezza e nobiltà, ma
opposte da un antico odio di fazione. Peregrino racconta anche
come i Montecchi, per una serie di vicissitudini ora dimorino a Udine
dove sono detti Monticoli di Verona.
Le due famiglie, nei loro scontri avevano causato molti morti, dall'una e
dall'altra parte tanto che era stata decisa una tregua che sembrava
durare.
La festa a casa Cappelletti
In questa Verona caratterizzata da una labile pace, messer
Antonio Cappelletti "uomo festoso e giocondissimo" organizza
una festa di carnevale nel suo palazzo. Un Montecchi "giovane
molto, bellissimo, grande nella persona, leggiadro e costumato assai",
inseguendo la donna di cui è invaghito, partecipa alla festa dove subito
viene notato e ammirato da tutte le fanciulle presenti. Ma la persona su
cui fa più colpo è proprio Giulietta, la figlia di Antonio
Cappelletti, ragazza "di soprannaturale bellezza, e baldanzosa e
leggiadrissima". Tuttavia Romeo, questo
ovviamente il nome del giovane, rimane in disparte.
Per Giulietta, l'occasione di parlare con Romeo si presenta quando,
passata la mezzanotte, giunge il momento del "ballo del
torchio o del cappello". Tutti i partecipanti si
dispongono in cerchio e in mezzo rimane solo una persona che può scegliere
il compagno o la compagna con cui vuole danzare andando a prendere il
posto che desidera nel cerchio.
Giulietta ha accanto un nobile giovane di nome Marcuccio (che
Shakespeare trasformerà in Mercuzio), che ha le mani gelide.
Nei continui cambi che il ballo prevede, Romeo si trova ben
presto a danzare mano nella mano con Giulietta. La ragazza gli
rivolge la parola, benedicendo la sua mano tiepida che le scalderà quella
che Marcuccio le ha ghiacciato. Romeo si fa ardito e le risponde: "se
io a voi colla mia mano la vostra riscaldo, voi co' begli occhi il mio
core accendete".
In pochi istanti sono travolti dall'amore reciproco.
Gli incontri al balcone e il matrimonio segreto
Finita la festa i due non riescono a dimenticarsi l'uno dell'altra e,
mentre Giulietta è tutta assorta nelle sue fantasticherie sul
giovane Montecchi, ecco che vede Romeo che, scavalcato
il muro di casa Cappelletti, si è arrampicato fino al balcone della
giovane. Da quel giorno, Romeo prende ad andare al balcone di
Giulietta tutte le sere fin quando, stanchi di quella strana relazione
segreta e desiderosi di incontrarsi con più agio, decidono di
sposarsi segretamente con l'aiuto di frate Lorenzo da Reggio,
"frate dell'ordine minore di osservanza, filosofo grande e sperimentatore
di molte cose, così naturali come magiche". Fra Lorenzo è il confessore di
Giulietta e grande amico di Romeo e acconsente a sposare Giulietta e
Romeo, in cuor suo sperando che ciò possa definitivamente pacificare le
rivali famiglie di Montecchi e Cappelletti. È periodo di Quaresima, e con
la scusa di andare a confessarsi, Giulietta si reca al monastero di San
Francesco. Fra Lorenzo fa entrare contemporaneamente sia Giulietta che
Romeo in un confessionale dal quale ha tolto la lamina traforata che
separa i confessati dal confessore. I due possano vedersi e scambiarsi le
promesse di matrimonio sotto la consacrazione e benedizione di frate
Lorenzo.
Le notti seguenti Giulietta e Romeo continuano a vedersi, trascorrendo
come marito e moglie le loro notti, nell'attesa di trovare una buona
occasione per comunicare al padre di Giulietta, certamente contrario alla
loro unione.
L'esilio di Romeo
Ma nella vicenda accade la tragica fatalità "d'ogni mondan diletto
nemica" e scoppia una rissa tra un gruppo di Montecchi e
Cappelletti. Nessuno dei due gruppi vuole cedere
all'altro il passo sul corso e si sguainano le spade. Romeo all'inizio è
combattuto tra l'intervenire e il fuggire, non volendo in alcun modo
ferire i nuovi, e segreti, parenti acquisiti. Alla fine tuttavia è
vinto dalla necessità di aiutare i suoi e sceso in campo ferisce
mortalmente Tebaldo Cappelletti, il cugino di Giulietta. Romeo
viene portato in giudizio di fronte al Signore di Verona che lo bandisce
da Verona.
Quando Giulietta apprende la notizia si dispera, tanto più non può
confidarsi con nessuno.
I due si rivedono nel confessionale di frate Lorenzo che nasconde Romeo
nella sua cella. Giulietta propone perfino di tagliarsi i capelli,
travestirsi da uomo, e seguire in esilio Romeo come se fosse un suo
servitore.
I due alla fine si lasciano e Romeo sconta il suo esilio nella
vicina Mantova.
Giulietta è sempre più disperata e la madre di lei, credendo che
questa disperazione nasca dal segreto desiderio di prendere marito,
si confida col marito Antonio Cappelletti. Dice che ormai la ragazza ha
diciott'anni e che da qui in poi la sua bellezza diminuirà invece che
aumentare, e che le donne in fondo "non sono mercatanzia da tenere
molto in casa"!!!
Convengono quindi di darla in sposa a uno dei conti di Lodrone.
Giulietta si rifiuta. Ma non può spiegarne il motivo segreto, e
limitandosi a piangere sconsolata, causa le ire del padre che ancor più si
decide a maritarla allo sposo che lui ha scelto per lei.
La pozione
Giulietta, con la scusa di confessarsi, si confida con frate Lorenzo al
quale chiede un modo per poter fuggire ai piani che per lei ha stabilito
il padre e ricongiungersi a Romeo. Frate Lorenzo, grazie alle sue
conoscenze, prepara una pozione che farà sembrare Giulietta come
morta. Credendola tutti deceduta, ella verrà sepolta nella
cappella di famiglia posta nel cimitero fuori dalla chiesa dei francescani
a Verona. Il piano prevede che sia Fra Lorenzo a tirarla fuori
dal sarcofago, nasconderla nella sua cella, e portarla con sé a Mantova
dove a breve si terrà un'assemblea della sua congregazione. Lì si
ricongiungerà con Romeo.
Giulietta accetta: "se per tal via pervenir dovessi a Romeo, senza
tema ardirei di passare per l'Inferno".
Prima però Fra Lorenzo le fa scrivere una lettera da consegnare a
Romeo, così che possa essere informato del piano, e non faccia pazzie se
dovesse venire a sapere della morte di Giulietta.
La ragazza torna a casa, scioglie la polvere che ha ricevuto da Fra
Lorenzo nell'acqua e beve di fronte a una zia e alla fantesca che sin da
bambina la accudisce. Ad alta voce dice: "mio padre per certo contra
mio volere non mi darà marito, s'io potrò". Si veste di tutto punto
e si mette a letto con le braccia incrociate sul petto pronta ad essere
ritrovata morta.
La mattina, vedendola esanime la fantesca e la zia ripensano alla polvere
disciolta in acqua e alle parole che ha pronunciato e pensano si sia
suicidata. Tutti la credono morta. Il padre fa chiamare
un dottore che accerta il decesso. Tra disperazione e pianti si
celebrano le esequie e la seppelliscono, come previsto, nella tomba di
famiglia presso la chiesa di San Francesco.
Il tragico epilogo
Pietro, servo di Romeo, apprende la notizia della morte di Giulietta e
non trovando Fra' Lorenzo con cui consultarsi, decide di portare la
notizia a Romeo a Mantova. Parte subito, viaggia di notte, e giunge prima
del messaggero del frate con la lettera chiarificatrice di Giulietta.
Romeo è disperato. Crede di essere lui causa della morte di Giulietta e
decide di compiere anch'egli l'estremo gesto presso la sua amata. Prende
un'ampolla di velenosa acqua di serpe e, travestitosi da contadino, decide
di tornare a Verona. La chiesa di San Francesco si trova subito fuori
dalle mura di Verona, nella Cittadella. Lì addossate a un muro, vi sono le
arche della famiglia Cappelletti dove Giulietta è stata sepolta.
Romeo giunge a notte fonda al sepolcro dei Cappelletti e apre la tomba
dove Giulietta giace tra le ossa e le bende dei suoi avi. Vi
entra, si chiude dentro, beve il veleno che ha portato con se' e
dice: "non avendo io teco potuto lieto e palese vivere, almen secreto
e mesto io mora". La stringe forte e attende la fine.
L'effetto della pozione svanisce e Giulietta si sveglia.
È stupita e spaventata di sentirsi abbracciata e baciata da qualcuno. Teme
che sia lo stesso frate Lorenzo che sta approfittato della sua
incoscienza. Poi riconosce l'amato. Si baciano e si stringono. Ma ormai è
troppo tardi, Romeo non ha ricevuto la lettera di spiegazione, ha
bevuto il veleno e va spegnendosi lentamente tra le braccia dell'amata
Giulietta, disperandosi per la sua cattiva sorte.
Giulietta muore di crepacuore
Giunge frate Lorenzo, apre il sepolcro e si trova davanti alla tragica
scena. Giulietta s'è levata a sedere e, sconvolta, tiene in grembo il capo
di Romeo morente che aperti un'ultima volta gli occhi alla voce
di frate Lorenzo, contorcendosi, spira. Frate Lorenzo cerca di
convincere Giulietta a seguirlo. Per lei si apriranno le porte di un
convento e una vita di preghiera. Giulietta tuttavia non vuole sentire
ragioni, decisa a restare per sempre con Romeo: "da te, dal qual solo
la morte mi pote separare, essa morte separare non mi possa". Trattenuto
il fiato e lanciato un grido muore di crepacuore.
Frate Lorenzo, sconvolto da quanto accaduto, rimane presso il sepolcro
senza riuscire a prendere una decisione. Nel frattempo, inseguendo un
ladro, giungono sul luogo gli armigeri del podestà di Verona che
vedono la luce di una lucerna e si accorgono della presenza di frate
Lorenzo presso la tomba dei Cappelletti e gliene chiedono
spiegazione. Sospettano che sia venuto a fare razzia di tombe e lo
portano davanti al podestà. Frate Lorenzo cerca di mentire, dice di essere
andato alla tomba di Giulietta per pronunciare delle preghiere. Ma non gli
credono. Fra Lorenzo è costretto a raccontare tutta la
storia a quanti sono presenti. Il signore di Verona Bartolomeo della
Scala, è così commosso dal racconto che a stento trattiene le lacrime. Si
reca assieme a una grande folla presso la tomba. La tomba dei
Cappelletti viene aperta e scoprono i corpi esanimi di Giulietta e di
Romeo. Lì i membri delle due famiglie, mossi da una grande
pietà per quanto accaduto, si abbracciano sciogliendosi in un pianto
accorato e disperato, epongono così per sempre fine alla loro
faida.
Qui finisce lo infelice innamoramento di Romeo Montecchi e di Giulietta Cappelletti.
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