Il Restauro di Carlo Scarpa a Castelvecchio
L'aspetto attuale del Museo di Castelvecchio è il risultato del restauro effettuato da Carlo Scarpa che curò anche l'allestimento interno delle opere fin nei minimi dettagli.
L'architetto e designer veneziano lavorò a questo progetto dal 1956 fino alla morte avvenuta nel 1978. L'opera di Scarpa per Castelvecchio è considerata da molti il suo capolavoro.
L'esterno della nicchia che ospita il tesoretto longobardo, citazione dell'arte di Mondrian di cui Scarpa era ammiratore e omaggio alle pietre della tradizione architettonica veronese: il marmo della Valpolicella in tutte le sfumature.
Visite Guidate
Gli elementi fondamentali del lavoro di Carlo Scarpa vengono illustrati in tutte le visite guidate al Museo di Castelvecchio.
È anche possibile effettuare tour specifici focalizzati sull'opera del grande architetto a Verona, sia a Castelvecchio che al palazzo della Banca Popolare di Verona.
I nostri prossimi tour
Una storia plurisecolare
Quando Carlo Scarpa iniziò i lavori di restauro del Museo Civico di Verona, su Castelvecchio pesavano più di seicento anni di storia drammatica e cruenta. Da sempre edificio militare, era stato cannoneggiato, modificato, alterato a seconda delle esigenze del dominatore di turno. Il periodo napoleonico a cavallo tra sette e ottocento ne aveva pesantemente modificato l'aspetto, soprattutto nel grande cortile, alterato secondo lo stile neoclassico allora imperante.
Sotto la dominazione austriaca a Castelvecchio vi era il laboratorio chimico per la produzione di polvere da sparo. Le torri angolari erano state abbassate, la merlatura rimossa. L'aspetto era quello di un'anonima e squadrata fortezza ottocentesca.
Il restauro di Antonio Avena
Negli anni '30 del novecento, Antonio Avena direttore dei musei civici di Verona, aveva cercato di ridare alla città il suo antico aspetto medioevale intervenendo su molti palazzi e monumenti spesso con un approccio piuttosto "creativo". Si era basato su dipinti settecenteschi che mostravano chiaramente l'aspetto di Castelvecchio prima dei vari interventi che l'avevano stravolto. Così aveva ricostruito torri e merlature e, dove non aveva un modello a cui rifarsi, si era inventato intere porzioni. Ad esempio nella facciata delle palazzine interne, di epoca napoleonica, aveva inserito cornici e decorazioni di case gotico-veneziane distrutte nell'alluvione del 1882.
Anche l'allestimento del museo aveva seguito questa impostazione, con le opere disposte in ambienti ricostruiti come se fossero gli interni di un vero e proprio maniero medievale. L'insieme era indubbiamente suggestivo, ma più adatto a un parco divertimento che a un museo serio.
L'approccio di Carlo Scarpa
"Castelvecchio era tutto falso" disse Carlo Scarpa in una conferenza in cui parlava del suo restauro.
C'era poco da riportare alle antiche forme, e provarci avrebbe significato dover inventare, cadendo nuovamente nella trappola in cui era caduto l'Avena. Carlo Scarpa decise allora di dichiarare apertamente la falsità di Castelvecchio, facendone una sorta di scenografia teatrale.
La facciata interna
Carlo Scarpa parte dalla palazzina del cortile interno, dove si trova l'ingresso al museo. La facciata viene lasciata in cemento grezzo, con i telai di porte e finestre arretrati rispetto al muro e alle decorazioni gotiche di Antonio Avena. Sul lato sinistro la facciata viene staccata dal muro di cinta del castello, rivelando tra l'altro la porta del Morbio, uno dei vecchi ingressi della cinta comunale.
La Galleria di Scultura
Entrati nel museo di Castelvecchio ci si ritrova nella galleria di scultura, e ci si imbatte subito nella novità dell'allestimento di Carlo Scarpa. L'ambiente è di una semplicità minimalista, le pareti e i pavimenti nelle varie sfumature di grigio chiaro del cemento grezzo. Le varie stanza, ognuna con un'epoca storica e uno stile (romanico, gotico, rinascimentale) si susseguono una dietro l'altra, collegate da archi che creano una fuga prospettica. Sul soffitto una grande trave metallica attraversa come una linea del tempo tutta la galleria.
I supporti
Carlo Scarpa non era architetto. Si era diplomato all'accademia d'arte e aveva iniziato a lavorare come designer per alcune importanti vetrerie di Murano. Questa sensibilità per i materiali e le forme si trasferisce nella cura dei dettagli nell'allestimento di Castelvecchio. Carlo Scarpa disegna personalmente tutti i supporti e le teche per le opere esposte. In questo caso le sculture poggiano su delle piattaforme sollevate dal terreno da un supporto centrale che fa sembrare che levitino sul pavimento.
L'allestimento
Le opere, provenienti da edifici religiosi distrutti o rinnovati, quindi fuori dal proprio contesto storico e architettonico, sono così collocate in una dimensione assoluta, fuori dallo spazio e dal tempo. Come dei fantasmi che nel "limbo" del museo, scivolano sul terreno senza camminare. Unica reminiscenza della loro antica collocazione è la luce che filtra lateralmente dalle finestre come in un'antica chiesa gotica e che nelle intenzioni di restauro Carlo Scarpa avrebbe dovuto rimanere naturale, variando al variare del giorno.
L'absidiola del tesoretto longobardo
Nella facciata si apre protendendosi verso l'esterno, la nicchia che ospita un piccolo tesoro longobardo trovato sotterrato nella provincia di Verona. La luce che filtra dall'alto, vuol quasi riprodurre la mistica atmosfera di una cella o dell'anfratto in cui questi preziosi rimasero per secoli nascosti e protetti dagli sconvolgimenti dei secoli successivi al crollo dell'Impero Romano. L'esterno è realizzato con un pachwork di pietra veronese in tutte le sue sfumature di colore.
Santa Cecilia
Nella galleria di scultura del museo di Castelvecchio Carlo Scarpa riserva un posto speciale a una scultura gotica in tufo raffigurante Santa Cecilia. L'opera, elegante e slanciata, poggia sul tipico piedestallo scarpiano ma volta le spalle al visitatore che entrando nella sala dove è posta, ne vede come prima cosa la schiena. Lungi dal voler mancare di rispetto al pubblico, Carlo Scarpa rende in realtà un commosso omaggio all'anonimo scultore mostrandoci come prima cosa il lavoro certosino che questi ha effettuato per rappresentare i capelli acconciati in un'elegante ed elaborata trecccia. La statua era certamente posizionata in una nicchia. Il lavoro così devoto dell'artista non sarebbe quindi mai stato visto da chi guardava la statua, eppure tanto impegno e maestria erano stati profusi nella sua realizzazione.
Elementi Decorativi
Nell'ultima sala della galleria di scultura sul pavimento si apre una "finestra". Da lì si vede il canale che portava acqua al fossato, ritrovato nel corso dei lavori di restauro. La protezione del vetro ricorda alcuni elementi dell'architettura tradizionale giapponese come il camino centrale, a filo del pavimento. Anche i pannelli scorrevoli in ferro intrecciato ricordano certi paraventi e porte scorrevoli orientali realizzate a listerelle di bambù.
Scarpa era un grande estimatore dell'architettura nipponica e morirà in un incidente nella città giapponese di Sendai proprio in uno dei suoi viaggi nel Sol Levante.
La Statua di Cangrande
Al termine della galleria di scultura il percorso ci porta all'esterno nel piccolo cortile dell'ala residenziale di Castelvecchio. In alto, su un grande supporto a "L" rovesciata in cemento, si impone la statua equestre di Cangrande della Scala proveniente dal mausoleo del signore scaligero dove è sostituita da una replica. Cangrande, pur estraneo a Castelvecchio che venne costruito dai suoi successori, rappresenta una figura importantissima per i veronesi, simbolo di identità storica e legami culturali, presente su etichette di vino, bandiere di squadre di calcio, targhe di club e associazioni.
Se vuoi saperne di più
Arche Scaligere
SCOPRI DI PIÙCangrande della Scala
SCOPRI DI PIÙLa Pinacoteca
Alla pinacoteca si accede attraverso il mastio passando per collezioni di antiche campane e capitelli medievali. Nella grande sala che ospita le croci stazionali dell'arte gotica, assieme ai primi, timidi tentativi da parte dei pittori veronesi di seguire il nuovo stile pittorico del Rinascimento, troviamo alcune interessanti soluzioni di Scarpa per la decontestualizzazione e l'assolutizzazione dell'opera.
Il pavimento è in pietra grigio pallido, con una particolare finitura opaca che ha la caratteristica di ridurre le ombre a semplici aloni diafani. Anche le pareti sono in cemento ruvido, e i riflessi sono ridotti al minimo. Le opere, avvolte da una luce discreta e soffusa, sembrano galleggiare in uno luogo fuori dalla realtà in cui lo spettatore stesso rimane come sospeso.La Madonna della Quaglia
Carlo Scarpa riserva un posto speciale all'opera simbolo di Castelvecchio: la Madonna della Quaglia. Su appositi treppiedi appositamente disegnati dall'architetto, l'opera del Pisanello assieme alla Madonna del Roseto creano un angolo separato dal resto della stanza, quasi uno spazio di raccoglimento per il visitare che può avvicinarsi moltissimo alle opere. Questa grande libertà di movimento che l'allestimento di Scarpa dà al pubblico nel rapporto con le opere da sempre dà non pochi grattacapi ai direttori del Museo e alle guardie. Non ultimo il grande furto di opere, compresa la Madonna della Quaglia, avvenuto nel 2015, in cui i ladri, proprio per la libertà di accesso alle opere, riuscirono a rimuovere facilmente be 17 dipinti.
Tuttavia il restauro e l'allestimento di Scarpa vengono considerati un'opera d'arte tra le molte del museo e sono perciò considerati intoccabili.
La sala delle armi
Carlo Scarpa allestisce anche una stanza per esporre la piccola ma interessante collezione di armature del museo di Castelvecchio, con soluzioni che rivedremo nell'altra grande opera di Scarpa, il restauro del Castello di Brescia.
Collezioni dal '500 al '700
La brusca scomparsa di Carlo Scarpa, (forse) vittima di un incidente durante un viaggio in Giappone, a Sendai nel 1978, lasciò incompiuto il progetto per il museo di Castelvecchio che venne ripreso e completato dal collaboratore di Scarpa, Arrigo Rudi. In particolare, Rudi si occupò del completamento dell'ultima sezione del museo, quella dedicata alle collezioni di pittura veronese dal cinquecento al settecento. Secondo alcuni tuttavia, le realizzazioni di Rudi si discostarono molto da quelle che erano le idee di Scarpa per il secondo piano dell'ala napoleonica. Al di là della dietrologia, appare evidentissimo il contrasto tra il buio e la cupezza di questa sezione e l'ariosità e luminosità delle altre, quasi si trattasse di due musei completamente diversi.
L'Influenza di Carlo Scarpa con Castelvecchio
Il restauro e l'allestimento di Carlo Scarpa per Castelvecchio sono da molti considerati il suo capolavoro. Il sapiente accostamento di elementi e materiali moderni e minimalisti alle strutture antiche così da creare un piacevole contrasto che esalta gli uni e le altre, all'epoca fu rivoluzionario e molti, ancora oggi, sono critici dell'operazione di Scarpa. Tuttavia questo modo di operare è oggi diventato un linguaggio artistico consolidato e usato da architetti in tutto il mondo.
Non sono pochi i visitatori di Castelvecchio che incentrano il loro percorso interno più sull'opera di Carlo Scarpa che su dipinti e sculture. Non è raro vedere ragazzi, giovani studenti di architettura e design, fotografare dettagli di supporti e finiture più che le tele esposte alle pareti.
Se vuoi approfondire
Castelvecchio: guida al museo e visite guidate
SCOPRI DI PIÙAbbiamo qui proposto alcuni spunti per una visita guidata alla scoperta del geniale lavoro di Carlo Scarpa al Museo di Castelvecchio. Per maggiori informazioni sulle nostre visite guidate a Castelvecchio, al suo museo, ai camminamenti di ronda, da accoppiare magari ai tradizionali giri città scrivete a:
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