San Giorgio in Braida

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La chiesa di San Giorgio, grazie all'impostazione data dall'armoniosa cupola rinascimentale e dallo splendido campanile disegnati da Michele Sanmicheli, è un fondamentale punto di riferimento nella paesaggio urbano della Verona alla sinistra dell'Adige.

La facciata della chiesa di Santa Anastasia

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La chiesa sorge nel luogo dove con tutta probabilità esisteva un luogo di culto già nell'VIII secolo e che venne ampliata con un monastero benedettino nella seconda metà dell'XI secolo. Il nome "braida" deriva dal germanico breit, ampio, largo, entrato nel dialetto veronese ad indicare uno spiazzo, uno slargo, nello specifico l'ampia area libera che si trovava in questo punto nei pressi delle mura cittadine. La chiesa con l'annesso monastero venne più volte rimaneggiata e ampliata nel corso dei secoli. Tracce di questi lavori successivi si ritrovano nelle strutture dei muri e nei resti di torri sovrappostesi.
L'attuale costruzione fu iniziata nel 1477 per iniziativa dei monaci veneziani di San Giorgio in Alga che erano subentrati nel possesso della struttura. Al fondatore dell'ordine, San Lorenzo Giustinani, è dedicata una delle due statue che decorano la facciata seicentesca.
Si deve a Michele Sanmicheli l'armoniosa risistemazione dell'interno con la scansione in otto cappelle laterali che vennero ad occupare lo spazio delle strette e basse navate delle chiese precedenti. Sempre del Sanmicheli è il tamburo centrale, alto e luminoso, sormontato dalla bella cupola, raro esempio a Verona di questo tipo di architettura rinascimentale. Anche la torre campanaria fu disegnata dal Sanmicheli, che creò così una sorta di collegamento ideale con la torre del Duomo sulla riva destra dell'Adige proprio di fronte a San Giorgio.
Più tarda, del XVII secolo è invece la facciata, caratterizzata dall'elegante serliana e balaustra.
Affiancata alla chiesa, sulla sinistra, una casetta risalente al 1791 che sulla facciata reca ancora i segni dei proiettili ricordo degli scontri tra francesi e austriaci che occupavano le opposte rive dell'Adige dopo gli occordi del 1805 con cui si erano spartiti il nord Italia.
Goethe, passando per Verona nel suo celebre viaggio in Italia, definì la chiesa di San Giorgio una meravigliosa galleria d'arte per la quantità di grandi pale che decorano la sua grande, unica navata. L'influenza veneziana rappresentata dal collegamento con l'ordine di San Giorgio in Alga redono preponderante nella scelta degli autori, un certo gusto per la scuola lagunare. L'ingresso è sormontato da una grande tela del Tintoretto, il Battesimo di Cristo, in cui si possono riconoscere le tipiche atmosfere cupe e numinose del grande maestro veneziano. Del figlio del Tintoretto, Domenico, vi è anche una Pentecoste. Vi sono poi opere di scuola più tipicamente veronese, del Caroto, del Brusasorci e del più mantegnesco tra i pittori veronesi: Girolamo dai Libri, con una madonna in trono affiancata dal patrono di Verona San Zeno e San Lorenzo Giustiniani. L'eleganza del disegno, la raffinatezza della tecnica e le soluzioni di impostazione di un austero rigore rinascimentale, ne fanno uno dei capolavori di questo grande maestro veronese ingiustamente ancora poco rivalutato.

Il Martirio di San Giorgio

Il capolavoro della chiesa tuttavia è l'immensa pala d'altare raffigurante il martirio die San Giorgio dipinta da Paolo Caliari detto il Veronese.

L'opera, poco conosciuta, è una vera e propria summa dell'arte di Paolo Caliari detto il Veronese. Siamo infatti abituati a rappresentazioni di un San Giorgio fiero cavaliere nell'atto di sconfiggere il drago. Il Veronese sceglie qui invece di rappresentare il santo in tutta la sua indifesa umanità nel momento del martirio. La scena è carica di un grande pathos emotivo, accentuato dalla luce e dalle posture dei personaggi nella cui rappresentazione Paolo Caliari era insuperato maestro.

La visita a Santa Maria in Organo

La chiesa di San Giorgio in Braida può essere inserita in un'insolita e originale visita guidata alla scoperta della Verona alla sinistra dell'Adige, assieme al Teatro Romano, per chi ha fiato Castel San Pietro, le chiese di Santo Stefano e Santa Maria in Organo, assieme all'antico quartiere dell'isolo.

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