Ripensare il turismo scolastico. Basta gite a Venezia?
marzo 2008
Il 17 marzo, rilanciata e amplificata a dismisura da tutti i mezzi di comunicazione nazionale, vi è stata la richiesta dell'assessore al turismo di Venezia di diluire il flusso dei viaggi di istruzione che hanno come meta la Serenissima, nel corso dell'anno, senza concentrarli nel periodo primaverile, da marzo a giugno, quando la città lagunare è già sovraffollata di turisti. All'annuncio dell'assessore seguirà una richiesta formale al Ministero dell'Istruzione.
A questa notizia e al clamore che ha suscitato, vengono da fare alcune considerazioni riguardo al turismo scolastico in Italia.
Innanzi tutto per quanto riguarda i contenuti del viaggio di istruzione che dovrebbero essere quanto più possibile inerenti al programma scolastico ed essere per l'appunto di "istruzione". Sembra essere una tendenza sempre più consistente invece, non solo tra i ragazzi ma anche tra gli insegnanti, quella di considerare la gita scolastica principalmente un momento di svago e socializzazione per i ragazzi.
Ecco allora gite scolastiche che hanno come meta Gardaland, o Mirabilandia o i campi da sci alpini. Senza nulla togliere all'aspetto di interazione tra i ragazzi fuori dall'usuale contesto scolastico e familiare che pure è una momento importante della gita scolastica, l'obbiettivo principale del viaggio di istruzione dovrebbe essere quello di far "vivere" agli studenti ciò che hanno fino a quel momento visto e studiato solo sui libri, finalmente immersi, anche fisicamente, nella storia o nelle scienze, nell'arte o nella tecnologia. Certo, per far ciò il ruolo degli insegnanti e delle guide turistiche che li assistono durante la gita è fondamentale. Finché si è studiata la storia e l'arte per mezzo di date, immagini, spiegazioni ordinate in paragrafi e capitoli sui libri, costruire itinerari coerenti che riescano a sintetizzare in modo logico nella visita di una città, di una chiesa o di un museo quanto si è appreso, è operazione che richiede preparazione, impegno e una buona didattica.
Ecco allora che a volta diventa molto più facile andare tutti a Gardaland o in settimana bianca e non pensarci più.
Purtroppo, anche la gita a Venezia molto spesso rientra in quest'ottica. Venezia è ormai una sorta di grande parco a tema dove si va come si andrebbe a Disney Word o a Las Vegas, per ammirarne scorci e atmosfere più che per coglierne il fondamentale ruolo storico e artistico che ebbe nella storia mondiale. Una gita a Venezia ha un senso se si sono studiate le repubbliche marinare e lo specifico ruolo che Venezia ha avuto in Italia, nel Mediterraneo e in Asia. Ma non per questo è una meta papabile a priori, giusto perché è importante andare a Venezia.
Vi sono città, spesso trascurate dal turismo scolastico, che permetterebbero di approfondire con abbondanza di monumenti, reperti, testimonianze, una molteplicità di aspetti storici e artistici, e senza dover subire il contingentamento voluto dall'assessore veneziano, i prezzi alti e la pessima cucina alla portata dei ragazzi.
La seconda riflessione che viene da fare, è quella che riguarda il periodo scelto per la gita scolastiche, nella quasi totalità dei casi compreso tra marzo e maggio. Al di là delle questioni metereologiche, andrebbe forse considerato che il periodo primaverile è un momento assai delicato per gli studenti, quello in cui si incominciano a fare bilanci in vista del termine scolastico, si cerca di colmare lacune e carenze, si iniziano gli studi e gli approfondimenti in vista degli esami. Spezzare la concentrazione con un momento così dirompente come una gita scolastica di più giorni, può essere spesso deleterio. Senza contare appunto l'affollamento di cui parla l'assessore, con tutte le conseguenze del caso.
La gita scolastica potrebbe forse essere spostata in altri momenti dell'anno scolastico in cui c'è forse più bisogno di un momento di distrazione dal mero studio libresco, come all'inizio dell'anno scolastico quando è difficile adattarsi ai ritmi scolastici dopo le lunghe vacanze estive, e qui ci sarebbe da aprire un altro, troppo lungo, capitolo.
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